Il nuovo fronte, gli squilibri dell' euro
Una moneta europea forte rafforza i rischi deflazionistici in una regione che al massimo quest' anno crescerà del 2% contro il 3% degli Usa Il 10 novembre si apre il G20 a Seoul in Corea. L' agenda è fittissima ma si tornerà a parlare di squilibri mondiali e della «guerra delle monete». Se n' era discusso già a fine ottobre quando i governi del G20 avevano scartato l' ipotesi di imporre un limite quantitativo al saldo della bilancia commerciale di ogni singolo Paese e concordato un programma quadro di mera vigilanza.
Si presume che ora venga confermato lo stesso orientamento. D' altra parte le recenti turbolenze sui mercati dei cambi giocano a favore della correzione di almeno alcuni degli squilibri esistenti. Il dollaro è andato rapidamente deprezzandosi da metà settembre; questa tendenza è destinata a perdurare data la recente decisione della Fed di mettere in atto una seconda ondata di quantitative easing.
L' indebolimento della divisa statunitense sosterrà le esportazioni Usa, aiutando a chiudere la forbice tra importazioni ed esportazioni. Anche l' apprezzamento dello yen, se perdura, dovrebbe porre fine all' accumulazione di surplus commerciale. La Cina dal canto suo resta un' incognita. Per ora il renminbi perde valore insieme al dollaro, a cui la valuta cinese è agganciata, ma prima o poi si rivaluterà con l' effetto di ridimensionare il suo credito nei confronti dell' esterno e degli Usa in particolare. L' Europa è invece un capitolo a parte. L' apprezzamento dell' euro è stato significativo ma la bilancia nei confronti dei Paesi terzi, che registra un modestissimo deficit, non giustifica un così importante riallineamento sui mercati valutari. Un euro forte rafforza i rischi deflazionistici in una regione che al massimo crescerà quest' anno del 2 per cento, rispetto al 3 per cento degli Usa. L' apprezzamento dell' euro ha invece importanti risvolti nella questione degli squilibri commerciali interni all' Europa che sono un più serio grattacapo rispetto a quelli mondiali.
La recente crisi europea ha rivelato l' esistenza di due fronti opposti: i paesi indebitati con l' estero, tra cui in particolare Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda ed i paesi creditori (Germania, Olanda e Finlandia). I primi hanno vissuto alle spalle dei secondi, ovvero hanno preso a prestito capitali per finanziare il loro eccesso di consumo e di investimento a fronte di un risparmio nazionale relativamente modesto. La crisi ha dimostrato che lo scarso risparmio è un problema sia se a spendere è il governo sia se sono i cittadini privati, che abbagliati dal facile accesso al credito, hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità. Anche il debito privato è fonte di instabilità perché in una crisi economica e di credibilità i governi tendono ad intervenire trasformando il debito privato in debito pubblico, proprio com' è accaduto in Spagna ed Irlanda. A poco servono regole stringenti di disciplina fiscale se le casse dello Stato si svuotano da un giorno all' altro per andare in soccorso dei privati, siano essi le banche o i destinatari dei programmi di stimolo attivati per contrastare la crisi. È quindi giusto che il monitoraggio del debito privato e del suo impatto sulla posizione esterna di ogni stato membro dell' euro zona sia considerata questione di prim' ordine, come nella recente proposta di riforma della governance economica europea. Il tema è politicamente delicato perché, in assenza dello strumento del tasso di cambio, invece disponibile a livello globale, una qualsiasi correzione degli squilibri esistenti in Europa, più o meno importante, dovrà comportare un trasferimento di risorse da un paese ad un altro. I paesi in deficit tra cui Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda dovranno stringere la cinghia ed in parte hanno già iniziato a farlo varando ambiziosi programmi di consolidamento fiscale. I Paesi in surplus come la Germania dovrebbero tollerare un po' di inflazione.
L' apprezzamento dell' euro è quindi una brutta notizia soprattutto per quei paesi oggi in deficit che commerciano anche con paesi terzi, come l' Irlanda che esporta per il 40 percento fuori dall' Unione Europea. Il ministro tedesco Wolfgang Schäuble ha recentemente dichiarato che l' obiettivo dell' Europa dovrebbe essere quello di accumulare un surplus nei confronti del resto del mondo piuttosto che insistere per una risoluzione degli squilibri interni all' euro zona. Questo presuppone una valuta più debole e chiama in gioco la Bce. Una più sostenuta crescita economica in Europa trainata dall' esterno renderebbe certamente la gestione degli squilibri interni meno conflittuale, ma la Bce ad oggi non sembra ancora pronta a caricarsi di una simile responsabilità.