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Gli aiuti Ue e il dilemma della legittimità democratica

Publishing date
18 October 2012

L'entrata in vigore del Meccanismo europeo di stabilità (Esm) è un test. Ma è molto più di un test sul funzionamento di uno strumento tecnico. È un test sulla legittimità dell'Europa e delle ricette pensate in risposta alla crisi. 

L'Esm è il nuovo strumento permanente di gestione e risoluzione delle crisi che l'Unione si è data. Ha una capacità di prestito simile al precedente Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria, che era però uno strumento emergenziale. L'Esm può essere utilizzato sia per sostenere il settore pubblico sia per ricapitalizzare il sistema bancario. Invece, la ricapitalizzazione diretta delle banche, desiderabile perché evita allo Stato di mettere gli aiuti a bilancio, sarà possibile solo quando la supervisione bancaria sarà passata alla Bce.
I Paesi in difficoltà hanno ora due opzioni per chiedere aiuto all'Europa. La prima è una richiesta standard di assistenza finanziaria a fronte di un programma di aggiustamento per il quale lo Stato soccorso si impegna all'austerità ed ad una serie di riforme strutturali. In questo senso, nulla di nuovo. Dato che il capitale iniziale dell'Esm viene versato dai Paesi in tranches successive, la massima disponibilità di credito all'indomani dall'entrata in vigore è di circa 100 miliardi di euro. Questa andrà via via aumentando ad ogni quadrimestre fino ad un massimo di 500 miliardi di euro, somma che verrà raggiunta nella prima metà del 2014.

Non molto se si pensa che Spagna e Italia messe insieme avranno bisogno solo tra il 2012 e il 2014 di finanziare una mole di debito pari a circa 770 miliardi di euro. 
La seconda opzione è quella di servirsi del cappello dell'Esm per chiedere invece l'intervento straordinario della Bce attraverso il nuovo programma Omt (Outright Monetary Transactions) annunciato da Mario Draghi all'inizio di Settembre. Rispetto ad un uso tradizionale dell'Esm, l'assistenza finanziaria sarebbe in questo caso potenzialmente illimitata, con la Bce dichiaratasi pronta ad intervenire sul mercato secondario fin tanto che le tensioni persisteranno. Non è chiaro tuttavia quali criteri la Bce adotterà per stabilire se le tensioni persistono, né è chiaro il tenore delle richieste di riforma che saranno rivolte allo Stato assistito. 
Il tema della condizionalità all'interno dell'Omt è destinato a lasciare un segno sul dibattito politico dei prossimi mesi. Richieste eccessive da parte dall'Europa rischiano di aprire una crisi di legittimità in Europa in un momento in cui si intensificano ovunque le proteste dei cittadini ai tagli e all'impennata della pressione fiscale. D'altra parte una condizionalità troppo soft è vista dai Paesi creditori, Germania in primis, come un invito allo sperpero di risorse comuni.

C'è un po' di imbarazzo oggi nelle relazioni tra debitori e creditori. La Spagna teme che una richiesta di aiuto si traduca nell'obbligo di sottoporsi ad un eccesso di austerità nel mezzo della recessione. Anche se si trovasse con l'Ue un accordo su un cammino di consolidamento fiscale più lento e graduale, la percezione internazionale e degli elettori sarebbe comunque di una perdita di sovranità nazionale, ipotesi sicuramente impopolare. La Germania, da parte sua, tentenna e spera che nessuno dei grandi Paesi faccia davvero richiesta di aiuto. Il governo tedesco è intrappolato tra l'esigenza di evitare che si pensi che gli aiuti si possono ottenere con facilità ed in assenza di condizioni specifiche e la consapevolezza che il modello di commissariamento dei Paesi assistiti utilizzato fino ad oggi è privo di una qualsiasi base di legittimità democratica. Il rischio che i prestiti dell'Esm e della Bce siano percepiti come un dovuto non per uno spregevole azzardo morale da parte dei Paesi indebitati, ma in nome della democrazia è oggi il problema principale che la Germania deve affrontare.

Già solo l'annuncio dell'Omt era servito a calmare i mercati, ma questo da solo non riuscirà certo a salvare l'Europa dalla crisi di legittimità democratica che si sta delineando e che aprirà un nuovo complicato capitolo sul futuro dell'Europa, forse sotto i riflettori già del prossimo Consiglio Europeo di oggi e domani.

A version of this article was also published on Il Sole 24 Ore

About the authors

  • Benedicta Marzinotto

    Benedicta Marzinotto was a Resident Fellow at Bruegel from 2010 to 2013. She is now with the European Commission as a Policy Analyst – Economist, Labour market reforms, at DG ECFIN.

    She is also a Lecturer in Political Economy at the University of Udine and Visiting Professor at the College of Europe (Natolin Campus).

    Her research for Bruegel focused on EU macroeconomic developments, EU Institutions, finance and growth. More precisely, she was working on the macroeconomics of the recent crisis, the competitiveness debate (macro and micro-approach), the role of the EU budget in the crisis and the impact of financial regulation on economic growth.

    From 2004 to 2009, Benedicta was a Research Fellow in the International Economics Programme at Chatham House. She also has experience as a freelance political economic analyst. She has held visiting positions at the Free University of Berlin and at the University of Auckland.

    Benedicta holds a MSc and PhD in European Political Economy from the London School of Economics. Her research interests include: EU macroeconomics, EU economic governance, varieties of capitalism, and labour markets institutions.

    She is fluent in Italian, English and German.

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